La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1922/2024, si è recentemente espressa su una controversia riguardante la discrepanza tra i dati indicati in un contratto preliminare relativo a beni immobili e la corrispondente planimetria allegata.
Nel caso in questione, la società Alfa ha citato in giudizio la società Beta, richiedendo il trasferimento a suo favore, tramite sentenza ex art. 2932 c.c., di un appartamento con terrazzo/giardino e di un posto auto. Il bene oggetto di vendita era individuato sulla mappa allegata al contratto.
Il giudice di primo grado ha ritenuto che i beni oggetto di vendita fossero stati identificati nonostante le discrepanze nelle dimensioni dell’appartamento indicate nel preliminare e l’orientamento diverso rispetto all’appartamento effettivo, ad eccezione del posto auto, non adeguatamente identificato, e del terrazzo scoperto, che costituiva una porzione della corte comune. Di conseguenza, in accoglimento parziale della richiesta della società Alfa, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. ha trasferito all’azienda Alfa l’appartamento.
Beta ha presentato appello contro questa decisione, sostenendo, tra le altre cose, l’impossibilità di effettuare il trasferimento ex art. 2932 c.c. in quanto i beni oggetto di vendita non erano stati adeguatamente identificati.
La Corte di Appello di Genova ha accolto il motivo di gravame riguardante l’indeterminatezza dei beni oggetto di vendita e la loro diversità rispetto a quelli trasferiti con la sentenza appellata. Contro questa decisione, Alfa ha presentato ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, constatando “una difformità insuperabile tra l’unità immobiliare promessa in vendita e l’unità immobiliare effettivamente esistente” e ritenendo quindi fondato il motivo di gravame in quanto “è emersa una profonda diversità tra i beni promessi in vendita e i beni trasferiti con la sentenza oggetto di appello“.
La giurisprudenza di legittimità ha stabilito che
“le piante planimetriche allegate ai contratti aventi ad oggetto immobili fanno parte integrante della dichiarazione di volontà, quando ad esse i contraenti si siano riferiti nel descrivere il bene, e costituiscono mezzo fondamentale per l’interpretazione del negozio, salvo, poi, al giudice di merito, in caso di non coincidenza tra la descrizione dell’immobile fatta in contratto e la sua rappresentazione grafica contenuta nelle dette planimetrie, il compito di risolvere la “quaestio voluntatis” della maggiore o minore corrispondenza di tali documenti all’intento negoziale ricavato dall’esame complessivo del contratto“.
Corte di Cassazione, ordinanza n. 1922/2024
È stato ulteriormente precisato che “la difformità tra i dati risultanti da un contratto avente ad oggetto beni immobili e la richiamata planimetria, ad esso allegata, involge una questione di fatto, che il giudice di merito deve risolvere ricostruendo la volontà delle parti alla luce del testo complessivo degli atti, rimanendo la sua decisione sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto i profili del rispetto dei criteri legali di interpretazione e del difetto di motivazione”.